Chiusa la Fase 1, l’Italia si avvia a convivere con il virus. Con (qualche) spostamento consentito, ammesso che si indossino sistemi di protezione individuale: cioè le mascherine (art. 1 del nuovo Dpcm 26 aprile 2020). E proprio sul tema delle mascherine, negli ultimi 10 gg è successo di tutto. In primo luogo si è preso atto che sul mercato circolano moltissime mascherine prive dei corretti certificati e infatti Accredia sul suo sito ha pubblicato sei esempi di certificati falsi relativi alle mascherine, mentre a livello europeo l’European safety federation ha pubblicato una intera pagina nella quale si illustrano i principali casi di certificati falsi nell’ambito dei prodotti che girano oggi sul mercato (tale pagina analizza anche certificati di prodotti ulteriori rispetto alle mascherine).
Contemporaneamente il legislatore italiano ha convertito in legge il cosiddetto decreto Cura Italia (legge 24 aprile 2020 n. 27, qui il testo coordinato) con il quale si rinnova il regime in deroga (articoli 15 e 16) che consente la commercializzazione mascherine prive di marcatura CE previa valutazione in capo all’Inail (se sono Dpi) o all’Iss (se sono Dm).
Nella stessa settimana poi il ministero della Salute con Ordinanza 26 aprile 2020 ha consentito l’importazione di mascherine anche in assenza di iscrizione nella Banca dati dispositivi medici del ministero della Salute e prive dell’etichettatura in italiano, mentre il Commissario Arcuri nella stessa data ha emanato l’Ordinanza 11/2020 con la quale è stato stabilito che il prezzo al pubblico delle sole mascherine Dm non può essere superiore a 0,50 euro. A seguito delle lamentele di farmacisti (che avevano già acquistato ad un importo più alto) sabato notte è stato siglato un protocollo d’intesa con le associazioni di settore per il rimborso da parte dello Stato della differenza pagata in più rispetto al prezzo fisso di vendita. Nel corso della settimana successiva si ha poi avuto notizia anche di numerosi controlli della Guardia di Finanza.
Alla situazione di cui sopra, fa sponda sul mercato, una situazione a dir poco caotica. La maggior parte degli importatori, grossisti, distributori e, da ultimo, farmacisti non hanno assolutamente chiari i profili legislativi di tale tipologia di prodotti che stanno acquistando né, quindi, di cosa chiedere in sede di acquisto. Vediamo di riepilogare brevemente. Le mascherine possono avere diverse qualificazioni giuridiche a seconda della loro funzione. Più esattamente possono essere:
Disciplina ordinaria
La disciplina di riferimento è la Dir 93/42/CEE recepita in Italia dal D.Lgs 46/’92. In applicazione di tale disciplina i dispositivi medici possono essere immessi in commercio se rispettano i Requisiti essenziali di sicurezza – cosiddetti Res (allegato I).
I dispositivi, poi, si dividono in 4 classi di rischio (Allegato IX) : Classe I, Classe IIa, Classe IIB, Classe III e le procedure per dimostrare il rispetto dei Res sono diverse a seconda della Classe di rischio (art. 11). Le maschere facciali ad uso medico sono dispositivi medici non invasivi di Classe I. Vengono solitamente prodotte in base alla EN UNI 14683 punto 4 (norma tecnica di produzione delle mascherine facciali) all’interno della quale le mascherine sono suddivise in tre tipi:
Essendo un dispositivo di Classe I non sarà necessario l’intervento dell’Organismo notificato (art. 11 comma 5), ma il fabbricante potrà realizzare in autonomia il suo fascicolo tecnico emettendo al termine la dichiarazione di conformità alla Direttiva (Allegato VII).
Se il fabbricante è extraeuropeo dovrà poi nominare un mandatario sul territorio comunitario.
Inoltre il fabbricante dovrà:
Disciplina in deroga
Per fronteggiare la grave situazione di emergenza sanitaria attualmente in atto e per far fronte alla crescente domanda di mascherine da parte dei professionisti sanitari e della popolazione in generale, il legislatore ha introdotto una serie di importanti deroghe al procedimento sopra illustrate contenute all’art 15 del c.d. Cura Italia (Decreto-Legge 18/2020 convertito con la legge n. 27/2020 pubblicata in GU il 29 aprile 2020 n. 110)
Questo gli step dell’iter di deroga
Le norne tecniche di produzione indicate sul sito dell’Iss (sono nello specifico sito la UNI EN 14683:2019 “Mascherine facciali ad uso medico – requisiti e metodi di prova” e la UNI EN ISO 10993-1:2010 “Valutazione biologica dei dispositivi medici – Parte 1: Valutazione e prove all’interno di un processo di gestione del rischio”. Si precisa in ogni caso che è obbligatorio il rispetto dei Res, mentre le norme tecniche rappresentano solo lo stato dell’arte.
Tale procedimento in deroga potrà essere seguiti esclusivamente durante il periodo di emergenza, che (allo stato) terminerà il 31 luglio 2020 (Delibera consiglio di Ministeri 31 gennaio 2020). Al termine, infatti, i fabbricanti di Dpi e Dm dovranno ricominciare ad utilizzare i procedimenti ordinari previsti dalla rispettiva normativa.
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Regime ordinario
I dispositivi di protezione individuale sono invece regolati dal Regolamento Ue 425/2016 (e dal Decreto Legislativo 17/2019 solo per le sanzioni). Anche in questo caso quindi il fabbricante di un prodotto dovrà rispettare i requisiti essenziali di salute e sicurezza di cui all’Allegato II.
I Dpi sono poi divisi in Categorie di rischio (Allegato I)
Le mascherine qualificate come DPI appartengono alla Classe III.
Vengono solitamente realizzare seguendo la norma tecnica EN 149:2001 che le suddivide in base alla loro efficaciafiltrante l’interno in tre livelli: FFP1, FFP2 ed FFP3.
Il fabbricante della mascherina Dpi dovrà quindi
Regime in deroga
Analogamente a quanto previsto per le maschere chirurgiche, anche per i Dpi è previsto un regime in deroga in base al quale un soggetto che intende produrre o un importatore deve presentare domanda di valutazione in deroga più autocertificazione.
Le differenze rispetto all’iter precedente sono le seguenti:
Le “Istruzioni operative del 19 maggio 2020” pubblicate dall’Inail contengono il modello di autocertificazione del rispetto dei requisiti essenziali da inviare all’ente. In tale documento si richiede inoltre che alla menzionata autocertificazione siano allegati i documenti che consentono la valutazione del Dpi, incluse:
Anche in questo caso, qualora la valutazione dell’Inail sia positiva, la commercializzazione di tali DPI sarà legittima nel perdurare dello stato di emergenza e avverrà senza apposizione della marcatura CE.
Qualora invece sia negativa, “il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore è fatto divieto di immissione in commercio” (art. 15 c.4 Cura Italia).
Infine, l’art. 16 c.2 fornisce ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività della attuale versione del Cura Italia e stabilisce che:
Pur nella scarsa chiarezza della formulazione della norma si reputa infatti si tratti di mascherine che non essendo né Dm né Dpi dovranno farsi rientrare sotto la disciplina generale del Codice del consumo. È assolutamente necessario in questo caso indicare con chiarezza nell’etichetta sul confezionamento che non si tratta né di un Dm né di un Dpi.
Sotto uno schema riepilogativo delle diverse fattispecie con l’indicazione di cosa chiedere al momento dell’acquisto.
di Silvia Stefanelli, studio legale Stefanelli&Stefanelli
IN COLLABORAZIONE CON STEFANELLI&STEFANELLI
Data: 04 maggio 2020