La logistica affronta la Fase 2 dopo un periodo davvero forsennato, che ha fatto riflettere le aziende del comparto sull’assoluta necessità di dotarsi di strumenti e tecnologie digitali, ridisegnando l’offerta di servizi verso una vera e propria Logistica 4.0. Un mercato importante ma atomizzato: con un giro d’affari di circa 110 miliardi di euro nel 2019, pesa per il 7% del PIL e vede la presenza di circa 80mila aziende di cui 50mila unipersonali, i cosiddetti “padroncini”.
Molte aziende del comparto, specie quelle di piccole dimensioni, finora hanno sfruttato le leve della riduzione dei costi per restare sul mercato. Un approccio che ormai è diventato insostenibile. Le esigenze di distanziamento sociale e sanificazione massiccia impongono al settore di ripensare completamente l’approccio di business.
Ne abbiamo parlato con Damiano Frosi, Direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano al quale abbiamo chiesto di capire meglio cos’è la Logistica 4.0 e perché si candida a diventare il modello di ripresa vincente. «Partiamo dalla situazione odierna – ci spiega Frosi –. I costi dei servizi logistici sono aumentati negli ultimi tre mesi. I fattori che hanno determinato questo rincaro sono diversi. Anzitutto, l’assenteismo della forza lavoro. Non si tratta di un’accezione negativa, badate bene. Ma con molte persone contagiate o comunque in quarantena, quindi impossibilitate a recarsi sul posto di lavoro, diverse aziende hanno avuto difficoltà a evadere gli ordini. Nelle zone ai confini tra Lombardia ed Emilia Romagna si sono registrati picchi di assenze del 40%. I magazzini erano spesso congestionati di merce, con code di camion ai centri distributivi perché non c’erano abbastanza magazzinieri a scaricare».
Un tema rilevante per tutto il comparto della Logistica, poi, è stata la minore produttività, a causa delle misure di distanziamento sociale con le quali bisognerà fare i conti anche nella Fase 2. «Sulla base delle numerose interviste che abbiamo realizzato in queste settimane, la produttività si è ridotta in media tra il 20 e il 30% e questa situazione sembra destinata a durare anche nei prossimi mesi. A contribuire all’aumento dei costi c’è anche il fatto che è saltato completamente il bilanciamento dei flussi. Cosa significa questo? Significa che la distribuzione e il trasporto merci funzionano perché chi fa una consegna in una località ha quasi sempre la garanzia di fare a carico pieno anche il ritorno. Con alcuni settori chiave chiusi come l’automotive, questo principio è saltato e chi faceva una consegna spesso tornava indietro coni il camion vuoto». Insomma, una serie di concause che hanno fatto lievitare i costi dei servizi logistici anche per quei settori, come il farmaceutico e il food, che pure non risentono dell’attuale crisi economica. «Abbiamo riscontrato in alcuni casi un incremento del 20% dei costi della logistica, a fronte di flussi generalmente in calo. C’è molta preoccupazione, dunque, visto che le imprese del comparto operano con utili medi del 3-4%, ma se i costi aumentano del 20% si capisce bene che la situazione non sarà sostenibile a lungo».
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Un modello di costi che cambia completamente, dunque, come la configurazione stessa dei network logistici, stravolti dal boom dell’eCommerce che ha caratterizzato la Fase 1. I dati Istat rilevano una crescita del 20,7% nel solo mese di marzo, mentre Netcomm Forum stima che ci siano oltre 2 milioni di nuovi consumatori online dall’inizio dell’anno, un aumento deciso rispetto allo stesso periodo del 2019, quando la crescita si era attestata a 700mila nuove unità. Numeri che hanno permesso alla logistica B2C di compensare solo in parte la perdita di fatturato del B2B. «Il sistema ha reagito bene a questa impennata di consegne attraverso il ricorso al lavoro in somministrazione e soprattutto attuando nuove forme di collaborazione verticale, tra fornitore e cliente di servizi logistici, e orizzontale, tra competitor». In generale, ha prevalso l’ottica del problem solving e chi aveva disponibilità di personale e spazio sui camion in eccedenza lo condivideva con i suoi concorrenti. Questo è stato possibile anche grazie al fatto che alcuni tool online che facilitano l’incontro tra domanda e offerta di servizi logistici – come Timocom, Sixfold o Freighton – hanno messo a disposizione gratuitamente i propri servizi durante queste settimane difficili.
Le aziende che hanno già digitalizzato in parte i processi di trasporto e stoccaggio hanno avuto meno difficoltà a proseguire nella propria attività, in questa Fase 2 della Logistica. «Chi aveva già smaterializzato il documento di trasporto, per esempio, ha continuato a lavorare in sicurezza. Per gli altri, invece, c’è il problema che il DDT cartaceo è un potenziale veicolo di contagio. La conseguenza è che alcune aziende hanno dovuto posizionare una cassetta della posta al di fuori del magazzino per consentire lo scambio dei documenti tra gli spedizionieri e gli operatori interni. Nelle realtà che utilizzano i visibility software e le control tower, ovvero quei sistemi che permettono di condividere le informazioni sul fornitore e la merce in viaggio, banalmente si è potuto lavorare senza problemi in Smart Working. Le aziende che erano abituate a lavorare con software on premise o addirittura con processi ancora in prevalenza cartacei si sono trovate da un giorno all’altro a non poter più operare. Le realtà che hanno spostato la pianificazione dei mezzi in cloud, invece, hanno continuato a gestire le flotte normalmente anche durante il lockdown».
Per il futuro possiamo, quindi, pensare a una rivoluzione targata Logistica 4.0 anche in Italia? «Al netto dell’emergenza, durante la quale le aziende si sono arrangiate come potevano, mi aspetto un boom dei progetti di digitalizzazione della logistica e dei trasporti. Progetti votati allo Smart Working, destinato a diventare una prassi consolidata anche in questo settore. Ma anche iniziative di gestione digitale del workflow documentale, oltre a soluzioni evolute e robotizzate di automazione del magazzino». Per sostenere queste iniziative, però, servono investimenti e volumi sufficienti, quindi dovrà anche ridefinirsi l’offerta di servizi logistici. «Potremmo assistere a una progressiva concentrazione del mercato – mette in guardia Frosi –. Gli operatori più piccoli si specializzeranno o si aggregheranno oppure verranno assorbiti dalle realtà di grandi dimensioni».
Per gestire la nuova era della logistica servono, poi, nuovi modelli organizzativi e soprattutto nuove competenze. Il Covid-19 ha accelerato la necessità di investire nelle tecnologie digitali, che diventano il vero valore aggiunto dell’offerta di servizi logistici sempre più integrati, sincronizzati e ottimizzati. I cambiamenti che stanno investendo il comparto avranno un impatto fondamentale sui ruoli e le competenze dei fornitori di servizi di logistica, che iniziano a cercare profili come Innovation Manager e Digital Transformation Manager, esperti di Big Data Analytics e Intelligenza Artificiale. «Le tecnologie e le competenze digitali – conclude Frosi – saranno il fulcro della logistica del futuro. Uno scenario che vede la diffusione delle soluzioni che assicurano una visibilità completa su tutta la supply chain, un trasport planning efficace, l’ottimizzazione dello spazio in magazzino, la gestione automatizzata della movimentazione merce. Una Logistica 4.0 in cui aumenteranno le collaborazioni trasversali tra diverse filiere e in cui si ridurranno le attività di stoccaggio e movimentazione in favore della gestione completa dei flussi di merce».
Articolo di: Annalisa Casali
del 19 maggio 2020
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